sabato 23 dicembre 2017

Rodin: conversazioni sull'arte

"La nostra è l’epoca degli ingegneri e degli industriali, non è affatto quella degli artisti. Nella vita moderna si cerca l’utilità, ci si affanna a migliorare materialmente l’esistenza. Lo spirito, il pensiero, il sogno, son ormai fuori questione. L’arte è contemplazione. È il piacere dello spirito che penetra la natura e v’intuisce lo spirito da cui essa stessa è animata. È la gioia dell’intelligenza che vede chiaro nell’universo e lo ricrea illuminandolo di coscienza. L’arte è la più sublime missione dell’uomo poiché è l’esercizio del pensiero che tenta di capire il mondo e di farlo capire.
Ma oggi l’umanità crede di poter fare a meno dell’arte.
Non vuole più meditare, contemplare, sognare. Le alte e profonde verità le sono indifferenti. L’umanità attuale non sa che farsene degli artisti."


"A mio avviso la religione è tutt’altra cosa che balbettare un credo. È il sentimento di tutto ciò che nel mondo è inesplicato e inesplicabile. È l’intuizione di tutto ciò che nella Natura non cade sotto i nostri sensi, l’aspirazione della nostra coscienza verso l’infinito, l’eternità, verso la conoscenza e l’amore senza limiti. In questo senso io sono religioso. Se la religione non esistesse, avrei avuto bisogno d’inventarla. I veri artisti sono i più religiosi tra i mortali. Le linee e i colori per noi non sono altro che i segni di realtà nascoste. I nostri sguardi penetrano oltre la superficie fino allo spirito, e dopo, quando riproduciamo dei contorni, li arricchiamo del contenuto spirituale che racchiudono. Quando un buon scultore modella un torso umano, non rappresenta soltanto muscoli, ma la vita che li anima. Lo scultore compie un atto di adorazione."

Auguste Rodin - Conversazioni sull’arte


(In foto: Auguste Rodin - Le penseur, 1880-1902, Fusione in bronzo, 200X130X140 cm - Musée Rodin, Parigi)

venerdì 8 dicembre 2017

Camus: l'esilio della bellezza

[...] Noi abbiamo esiliato la bellezza, i Greci per essa han preso le armi. È la prima differenza, ma risale molto addietro. Il pensiero greco si è sempre trincerato nell'idea di limite. Non ha spinto nulla all'estremo, nè il sacro, nè la ragione, perché non ha negato nulla, né il sacro, né la ragione. Ha tenuto conto di tutto, equilibrando l'ombra con la luce. Invece la nostra Europa, lanciata alla conquista della totalità, è figlia della dismisura. Essa nega la bellezza come nega tutto quello che non esalta. E, per quanto in modo diverso, esalta una sola cosa: l'impero futuro della ragione. Nella sua follia, essa allontana i limiti eterni e, nello stesso istante, oscure Erinni le si avventano sopra e la straziano. Vecchia Nemesi, dea della misura, non della vendetta. Chi supera il limite, ne è castigato senza pietà.

martedì 17 gennaio 2017

Giacomelli: riflessioni sulla fotografia

“Per me che uso la macchina fotografica è interessante uscire dal piano orizzontale della realtà, avere la possibilità di un dialogo stimolante perché le immagini abbiano un respiro irripetibile. Riscrivere le cose cambiando il segno, la conoscenza abituale dell’oggetto, dare alla fotografia una pulsazione emozionale tutta nuova. Il linguaggio diventa traccia, necessità, spirito dove la forma si sprigiona non dall’esterno, ma dall’interno in un processo creativo. Lo sfocato, il mosso, la grana, il bianco mangiato, il nero chiuso sono come esplosione del pensiero che dà durata all’immagine, perché si spiritualizzi in armonia con la materia, con la realtà per documentare l’interiorità, il dramma della vita. Nelle mie foto vorrei che ci fosse una tensione tra luce e neri ripetuta fino a significare. Prima di ogni scatto c’è uno scambio silenzioso fra oggetto e anima, c’è un accordo perché la realtà non esca come da una fotocopiatrice, ma venga bloccata in un tempo senza tempo per sviluppare all’infinito la poesia dello sguardo, che è per me forma e segno dell’inconscio. Il linguaggio è così la coscienza espressiva interna che ha accarezzato la realtà pur rimanendo fuori, è l’attimo originale testimone di una realtà tutta mia, un prelievo fatto sotto la pelle dell’oggetto, guidato fuori dalle regole per una libertà che è anche allargamento della possibilità del reale”.



"NESSUNA IMMAGINE PUO' ESSERE LA REALTÁ
L'immagine è spirito, materia, tempo, spazio, occasione per lo sguardo. Tracce che sono prove di noi stessi e il segno di una cultura che vive incessantemente i ritmi che reggono la memoria, la storia, le norme del sapere."



"In fondo fotografare è come scrivere: il paesaggio è pieno di segni, di simboli, di ferite, di cose nascoste. È un linguaggio sconosciuto che si comincia a leggere, a conoscere nel momento in cui si comincia ad amarlo, a fotografarlo. Così il segno viene a essere voce: chiarisce a me certe cose, per altri invece rimane una macchia."



“È la formazione dell’immagine (il processo di creazione) che a me interessa più ancora della forma stessa. La formazione dell’immagine è il filtro delle idee, dell’indicibile.”



Mario Giacomelli

(Fonti: www.mariogiacomelli.it | www.archiviomariogiacomelli.it)

mercoledì 28 dicembre 2016

Il ritrovamento dell’anima

"Quando, nell’ottobre 1913, ebbi la visione dell’alluvione, mi trovavo in un periodo per me importante sul piano personale. Allora, all’età di quarant’anni, avevo ottenuto tutto ciò che mi ero augurato. Avevo raggiunto fama, potere, ricchezza, sapere e ogni felicità umana. Cessò dunque in me il desiderio di accrescere ancora quei beni, mi venne a mancare il desiderio e fui colmo d’orrore. La visione dell’alluvione mi sopraffece e percepii lo spirito del profondo, senza tuttavia comprenderlo. Esso però mi forzò facendomi provare un insopportabile, intimo struggimento, e io dissi:
«Anima mia, dove sei? Mi senti? Io parlo, ti chiamo... Ci sei? Sono tornato, sono di nuovo qui. Ho scosso dai miei calzari la polvere di ogni paese e sono venuto da te, sono a te vicino; dopo lunghi anni di lunghe peregrinazioni sono ritornato da te. Vuoi che ti racconti tutto ciò che ho visto, vissuto, assorbito in me? Oppure non vuoi sentire nulla di tutto il rumore della vita e del mondo? Ma una cosa devi sapere: una cosa ho imparato, ossia che questa vita va vissuta.
Questa vita è la via, la via a lungo cercata verso ciò che è inconoscibile e che noi chiamiamo divino. Non c’è altra via. Ogni altra strada è sbagliata. Ho trovato la via giusta, mi ha condotto a te, anima mia. Ritorno temprato e purificato. Mi conosci ancora? Quanto a lungo è durata la separazione! Tutto è così mutato. E come ti ho trovata? Com’è stato bizzarro il mio viaggio! Che parole dovrei usare per descrivere per quali tortuosi sentieri una buona stella mi ha guidato fino a te? Dammi la mano, anima mia quasi dimenticata. Che immensa gioia rivederti, o anima per tanto tempo disconosciuta! La vita mi ha riportato a te. Diciamo grazie alla vita perché ho vissuto, per tutte le ore serene e per quelle tristi, per ogni gioia e ogni dolore. Anima mia, il mio viaggio deve proseguire insieme a te. Con te voglio andare ed elevarmi alla mia solitudine».
Questo mi costrinse a dire lo spirito del profondo e al tempo stesso a viverlo contro la mia stessa volontà, perché non me l’aspettavo. In quel periodo ero ancora totalmente prigioniero dello spirito di questo tempo e nutrivo altri pensieri riguardo all’anima umana. Pensavo e parlavo molto dell’anima, conoscevo tante parole dotte in proposito, l’avevo giudicata e resa oggetto della scienza. Credevo che la mia anima potesse essere l’oggetto del mio giudizio e del mio sapere; il mio giudizio e il mio sapere sono invece proprio loro gli oggetti della mia anima. Perciò lo spirito del profondo mi costrinse a parlare all’anima mia, a rivolgermi a lei come a una creatura vivente, dotata di esistenza propria. Dovevo acquistare consapevolezza di aver perduto la mia anima.

lunedì 19 dicembre 2016

Itaca


Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
nè nell’irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l’anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d’estate siano tanti
quando nei porti - finalmente e con che gioia -
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d’ogni sorta; più profumi inebrianti che puoi,
va in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca -
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull’isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos’altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.

Konstantinos Kavafis - Settantacinque poesie

(In foto: Giorgio De Chirico - Il ritorno di Ulisse, 1973 - Musée d’Art moderne de la Ville de Paris)



giovedì 8 dicembre 2016

Sulla lettura

"Della lettura si percepisce in genere questo: che tende a farsi sempre più veloce e strumentale, come se tenesse con noi un rapporto estrinseco e di mero utilizzo. Perfino i libri, che di per sé chiedono un attimo di pausa, un momento di riflessione e di dedizione, resistono nella forma del manuale. Strumento indispensabile per le necessità della vita, la lettura si allea immediatamente con un'antica e comoda rassicurazione: il mondo è già in ordine, ed è sufficiente una guida turistica. A dispetto di questa evidenza quotidiana che la relega nel regno della strumentalità, nell'esperienza della lettura si trova anche qualcosa di più profondo. La lettura non si lascia infatti esaurire in un rapporto estrinseco e strumentale, perché con l'umano intrattiene piuttosto un rapporto «ontologico»: la lettura è una «modalità del nostro essere» che, ben lungi dal farsi complice con la fine di ogni interrogativo, sospende proprio, e mette perfino in discussione, ciò che è così come è. L'esperienza della lettura solleva in alto, allontana da sé e dal proprio essere centrati su se stessi, fa incontrare dell'altro. La lettura rapisce. Anche se questo vale soprattutto per la grande letteratura, è già sufficiente per dire che nell'esperienza autentica della lettura succede un inspiegabile distrarsi da sé, che è poi l'apparizione di altri pensieri e di altre voci rispetto alle proprie. La lettura chiama fuori, distrae. La lettura fa dimenticare, ma questa dimenticanza non è un perdere qualcosa: è, casomai, un ritrovare che inaugura l'ingresso del mondo degli altri nel mio mondo. La lettura sconvolge dalle fondamenta la presunzione di un mondo unico."

Franco Riva - Saggio introduttivo a "Etica e infinito. Dialoghi con Philippe Nemo" di Emmanuel Lévinas


(In foto: Edward Hopper - Compartment C, Car 293 (Scompartimento C, Carrozza 293), 1938, Olio su tela, 50,8X45,7cm - Collection IBM Corporation - Armonk, New York, USA)

sabato 19 novembre 2016

Andrej Tarkovskij: poeta del sogno

"[...] la logica dei collegamenti si fonda su una semplificazione della complessità esistenziale. Tuttavia il materiale cinematografico può essere collegato anche in un’altra maniera, nella quale l’elemento principale è costituito dal disvelamento della logica del pensiero di una persona. In tal caso sarà appunto quest’ultima a dettare l’ordine di successione degli avvenimenti, il montaggio che fa di essi un tutto unico. La nascita e lo sviluppo del pensiero sono soggetti a speciali leggi e la loro espressione talvolta esige forme che si differenziano dalle costruzioni logico-speculative. A mio modo di vedere la logica poetica è più vicina alle leggi di sviluppo del pensiero e, di conseguenza, alla vita stessa, della logica della drammaturgia tradizionale. E invece sono i metodi del dramma tradizionale che vengono considerati gli unici modelli e che per molti anni hanno determinato la forma di espressione del conflitto drammatico.

domenica 30 ottobre 2016

Václav Havel: per un ritorno all'umano

"Cos’hanno davvero in comune il mondo di un contadino medievale e quello di un giovane ragazzo? Qualcosa di sostanziale, penso. Sia il ragazzo, sia il contadino sono radicati molto più profondamente in quello che alcuni filosofi chiamano il «mondo naturale», o Lebenswelt, di quanto non lo siano gli adulti più moderni. Non sono ancora cresciuti, alienati dal mondo delle loro vere esperienze personali, il mondo che possiede il suo giorno e la sua notte, il suo sotto (la terra) e il suo sopra (i cieli), dove il sole sorge ogni giorno a est, attraversa il cielo e tramonta a ovest, dove concetti come a casa e in luoghi estranei, bene e male, bellezza e bruttezza, vicino e lontano, doveri e diritti, possiedono ancora il significato di qualcosa di vivo e definito. Sono ancora radicati in un mondo che conosce la linea di demarcazione tra ciò che è intimamente familiare e propriamente oggetto del nostro interesse e ciò che si trova oltre il suo orizzonte, di fronte al quale dovremmo inchinarci con umiltà, in virtù del mistero che lo circonda...

venerdì 21 ottobre 2016

Sos Terra

"Sempre piú estesa è la distruzione degli equilibri della natura. Sempre piú devastato è il paesaggio. Sempre piú indifeso, esso è nei confronti degli uomini di denari. Sempre piú vasti sono i depositi di rifiuti, che crescono attorno a noi e, a un certo punto, sopra di noi che non sappiamo smaltirli. Smaltire: verbo terrificante del nostro tempo! Sempre piú intensamente la terra è spremuta delle sue risorse destinate a essere smaltite come rifiuti. Sempre piú difficile le è il rigenerarsi. Il rapporto tra distruzione definitiva e capacità rigenerativa è ormai largamente sbilanciato a favore della prima. Si vive non volendo vedere. Perfino l’atmosfera che avvolge la terra è diventata una bolla di veleni. La stupefacente varietà della vita ch’essa ospitava si riduce progressivamente e molto di ciò che ancora resta sta confinato in artificiali «parchi» o «riserve» naturalistiche, la cui esistenza o, meglio, resistenza è resa per ora possibile per la coesistenza di altri interessi speculativi, turistici o scientifici che ne richiedono porzioni «incontaminate»...

mercoledì 12 ottobre 2016

Simone Weil: potere, oppressione e libertà

"[...] il male essenziale dell'umanità, la sostituzione dei mezzi ai fini. A volte appare in primo piano la guerra, a volte la ricerca della ricchezza, a volte la produzione; ma il male resta il medesimo. I moralisti volgari si lamentano del fatto che l'uomo sia guidato dal suo interesse personale; volesse il cielo che così fosse! L'interesse è un principio d'azione egoista, ma delimitato, ragionevole, che non può generare mali illimitati. Al contrario la legge di tutte le attività che dominano l'esistenza sociale, fatta eccezione per le società primitive, è che ciascuno sacrifichi la vita umana, in sé e negli altri, per cose che costituiscono solo dei mezzi per vivere meglio. Questo sacrificio riveste forme diverse, ma tutto si riassume nella questione del potere. Il potere, per definizione, non costituisce che un mezzo; o, per meglio dire, detenere un potere significa semplicemente possedere dei mezzi di azione che oltrepassano la forza così ristretta di cui un individuo dispone per se stesso. Ma la ricerca del potere, per il fatto stesso che è essenzialmente impotente a raggiungere il proprio oggetto, esclude ogni considerazione di fine, e giunge, per un rovesciamento inevitabile, a prendere il posto di tutti i fini. È questo rovesciamento del rapporto tra il mezzo e il fine, è questa follia fondamentale che rende conto di tutto ciò che vi è d'insensato e di sanguinoso nel corso della storia. La storia dell'umanità viene a coincidere con la storia dell'asservimento che fa degli uomini, oppressi e oppressori, il puro zimbello degli strumenti di dominio che essi stessi hanno fabbricato, e riduce così l'umanità vivente a essere cosa fra le cose inerti."

Simone Weil - Riflessioni sulle cause della libertà e dell’oppressione sociale

(In foto: Simone Weil)

domenica 2 ottobre 2016

Bertolt Brecht - Ninne Nanne

I
Quando ti partorii, già i tuoi fratelli strillando
volevano una minestra, e io però non l'avevo.
Quando ti partorii, non avevamo soldi per il gas
Così fu scarsa la luce che il mondo ti diede.

Quando ti portai nel grembo per tutti quei mesi
parlavo di te con tuo padre,
ma per il dottore non avevamo soldi,
ci servivano per spalmare il pane.

Quando ti concepii, già avevamo sepolto
quasi ogni speranza nel pane e nel lavoro -
e solo in Karl Marx e in Lenin era scritto
che noi lavoratori abbiamo un futuro.

II
Quando ti portavo nel mio grembo, per noi le cose
non andavano proprio per il verso giusto,
e spesso dicevo: l'essere che io porto,
capita in un mondo perverso.

giovedì 29 settembre 2016

Lo spirituale nell'arte

"Lo spettatore è troppo abituato a cercare un “senso”, cioè un rapporto esteriore fra le parti del quadro. La nostra epoca, materialista nella vita e quindi nell’arte, ha prodotto uno spettatore e specialmente un “amatore” che non sa porsi semplicemente di fronte a un quadro e nel quadro cerca tutto il possibile (l’imitazione della natura, la natura interpretata dalla psicologia dell’artista, l’atmosfera immediata, l’anatomia, la prospettiva, l’atmosfera esteriore) ma non cerca la vita interiore, non lascia che il quadro agisca su di lui. Accecato dai mezzi esteriori, non vede che cosa sanno creare, non si accorge che possono comunicare non solo cose ma idee e sentimenti."

Vasilij Vasil'evič Kandinskij

(In foto: Vasilij Vasil'evič Kandinskij - Composition VIII, 1923, Olio su tela, 140 x 201 cm - Guggenheim Museum, New York)

venerdì 23 settembre 2016

La Luna


C’è tanta solitudine in quell’oro.
La luna delle notti
non è luna che
il primo Adamo vide.
I lunghi secoli dell’umano vegliare
l’han colmata d’antico pianto.
Guardala. 
È il tuo specchio.

Jorge Luis Borges

(In foto: Ivan Konstantinovič Ajvazovskij - Notte di Luna, 1885)

martedì 20 settembre 2016

Onestà

"Chiedere onestà a una persona pubblica non vuol dire soltanto chiederle che si astenga dal commettere dei furti, delle truffe o delle frodi, non vuol dire soltanto chiederle che si astenga da ogni specie di azione ideata a danno della società o dei privati. Vuol dire anche chiederle che abbia in odio tortuosità e ambiguità, che in ogni istante si interroghi per capire se l’immagine che ha di sé stessa dentro di sé è limpida o torbida, se la strada sulla quale procede è dritta o tortuosa. Noi da diversi anni avevamo preso l’abitudine di pensare che nella vita pubblica, l’onestà individuale fosse poco, e che occorressero, per giovare alla società, altre qualità più sottili, più complesse, più sofisticate e più astute... 

domenica 18 settembre 2016

Eterni viandanti

"Eterni viandanti di noi stessi, non esiste altro paesaggio se non quello che siamo. Non possediamo nulla, perché non possediamo neppure noi stessi. Non abbiamo niente perché non siamo niente. Verso quale universo potrei mai tendere la mano? L’universo non è mio: sono io." 

Fernando Pessoa - Il libro dell'inquietudine

(In foto: Caspar David Friedrich - Viandante sul mare di nebbia, 1818, olio su tela, 98,4 x 74,8 cm - Hamburger Kunsthalle, Amburgo)

lunedì 12 settembre 2016

Tempo di viaggio

"C'è un solo viaggio possibile: quello che facciamo nel nostro mondo interiore. Non credo che si possa viaggiare di più nel nostro pianeta. Così come non credo che si viaggi per tornare. L'uomo non può tornare mai allo stesso punto da cui è partito, perchè, nel frattempo, lui stesso è cambiato. Da sè stessi non si può fuggire. Tutto quello che siamo lo portiamo con noi nel viaggio. Portiamo con noi la casa della nostra anima, come fa una tartaruga con la sua corazza. In verità, il viaggio attraverso i paesi del mondo è per l'uomo un viaggio simbolico. Ovunque vada è la propria anima che sta cercando."

Andrej Arsen'evič Tarkovskij


(Foto di Steve McCurry - Srinagar, Kashmir, 1996)