domenica 30 ottobre 2016

Václav Havel: per un ritorno all'umano

"Cos’hanno davvero in comune il mondo di un contadino medievale e quello di un giovane ragazzo? Qualcosa di sostanziale, penso. Sia il ragazzo, sia il contadino sono radicati molto più profondamente in quello che alcuni filosofi chiamano il «mondo naturale», o Lebenswelt, di quanto non lo siano gli adulti più moderni. Non sono ancora cresciuti, alienati dal mondo delle loro vere esperienze personali, il mondo che possiede il suo giorno e la sua notte, il suo sotto (la terra) e il suo sopra (i cieli), dove il sole sorge ogni giorno a est, attraversa il cielo e tramonta a ovest, dove concetti come a casa e in luoghi estranei, bene e male, bellezza e bruttezza, vicino e lontano, doveri e diritti, possiedono ancora il significato di qualcosa di vivo e definito. Sono ancora radicati in un mondo che conosce la linea di demarcazione tra ciò che è intimamente familiare e propriamente oggetto del nostro interesse e ciò che si trova oltre il suo orizzonte, di fronte al quale dovremmo inchinarci con umiltà, in virtù del mistero che lo circonda...

venerdì 21 ottobre 2016

Sos Terra

"Sempre piú estesa è la distruzione degli equilibri della natura. Sempre piú devastato è il paesaggio. Sempre piú indifeso, esso è nei confronti degli uomini di denari. Sempre piú vasti sono i depositi di rifiuti, che crescono attorno a noi e, a un certo punto, sopra di noi che non sappiamo smaltirli. Smaltire: verbo terrificante del nostro tempo! Sempre piú intensamente la terra è spremuta delle sue risorse destinate a essere smaltite come rifiuti. Sempre piú difficile le è il rigenerarsi. Il rapporto tra distruzione definitiva e capacità rigenerativa è ormai largamente sbilanciato a favore della prima. Si vive non volendo vedere. Perfino l’atmosfera che avvolge la terra è diventata una bolla di veleni. La stupefacente varietà della vita ch’essa ospitava si riduce progressivamente e molto di ciò che ancora resta sta confinato in artificiali «parchi» o «riserve» naturalistiche, la cui esistenza o, meglio, resistenza è resa per ora possibile per la coesistenza di altri interessi speculativi, turistici o scientifici che ne richiedono porzioni «incontaminate»...

mercoledì 12 ottobre 2016

Simone Weil: potere, oppressione e libertà

"[...] il male essenziale dell'umanità, la sostituzione dei mezzi ai fini. A volte appare in primo piano la guerra, a volte la ricerca della ricchezza, a volte la produzione; ma il male resta il medesimo. I moralisti volgari si lamentano del fatto che l'uomo sia guidato dal suo interesse personale; volesse il cielo che così fosse! L'interesse è un principio d'azione egoista, ma delimitato, ragionevole, che non può generare mali illimitati. Al contrario la legge di tutte le attività che dominano l'esistenza sociale, fatta eccezione per le società primitive, è che ciascuno sacrifichi la vita umana, in sé e negli altri, per cose che costituiscono solo dei mezzi per vivere meglio. Questo sacrificio riveste forme diverse, ma tutto si riassume nella questione del potere. Il potere, per definizione, non costituisce che un mezzo; o, per meglio dire, detenere un potere significa semplicemente possedere dei mezzi di azione che oltrepassano la forza così ristretta di cui un individuo dispone per se stesso. Ma la ricerca del potere, per il fatto stesso che è essenzialmente impotente a raggiungere il proprio oggetto, esclude ogni considerazione di fine, e giunge, per un rovesciamento inevitabile, a prendere il posto di tutti i fini. È questo rovesciamento del rapporto tra il mezzo e il fine, è questa follia fondamentale che rende conto di tutto ciò che vi è d'insensato e di sanguinoso nel corso della storia. La storia dell'umanità viene a coincidere con la storia dell'asservimento che fa degli uomini, oppressi e oppressori, il puro zimbello degli strumenti di dominio che essi stessi hanno fabbricato, e riduce così l'umanità vivente a essere cosa fra le cose inerti."

Simone Weil - Riflessioni sulle cause della libertà e dell’oppressione sociale

(In foto: Simone Weil)

domenica 2 ottobre 2016

Bertolt Brecht - Ninne Nanne

I
Quando ti partorii, già i tuoi fratelli strillando
volevano una minestra, e io però non l'avevo.
Quando ti partorii, non avevamo soldi per il gas
Così fu scarsa la luce che il mondo ti diede.

Quando ti portai nel grembo per tutti quei mesi
parlavo di te con tuo padre,
ma per il dottore non avevamo soldi,
ci servivano per spalmare il pane.

Quando ti concepii, già avevamo sepolto
quasi ogni speranza nel pane e nel lavoro -
e solo in Karl Marx e in Lenin era scritto
che noi lavoratori abbiamo un futuro.

II
Quando ti portavo nel mio grembo, per noi le cose
non andavano proprio per il verso giusto,
e spesso dicevo: l'essere che io porto,
capita in un mondo perverso.