venerdì 21 ottobre 2016

Sos Terra

"Sempre piú estesa è la distruzione degli equilibri della natura. Sempre piú devastato è il paesaggio. Sempre piú indifeso, esso è nei confronti degli uomini di denari. Sempre piú vasti sono i depositi di rifiuti, che crescono attorno a noi e, a un certo punto, sopra di noi che non sappiamo smaltirli. Smaltire: verbo terrificante del nostro tempo! Sempre piú intensamente la terra è spremuta delle sue risorse destinate a essere smaltite come rifiuti. Sempre piú difficile le è il rigenerarsi. Il rapporto tra distruzione definitiva e capacità rigenerativa è ormai largamente sbilanciato a favore della prima. Si vive non volendo vedere. Perfino l’atmosfera che avvolge la terra è diventata una bolla di veleni. La stupefacente varietà della vita ch’essa ospitava si riduce progressivamente e molto di ciò che ancora resta sta confinato in artificiali «parchi» o «riserve» naturalistiche, la cui esistenza o, meglio, resistenza è resa per ora possibile per la coesistenza di altri interessi speculativi, turistici o scientifici che ne richiedono porzioni «incontaminate»...
Nessuno, tra i poteri del mondo, onora piú Gea o Tellus, o una delle tante figure femminili antiche che, in ogni cultura in tutti i continenti, rappresentavano la fecondità del mondo nei suoi cicli vitali. La veneranda idea della terra come essere vivente generatore di vita si è perduta e s’è fatta totalmente estranea al nostro modo di pensare. Non crediamo piú che la terra ci sia nutrice, ma pensiamo che noi, per vivere, la si debba sfruttare, e per questo la si possa spremere indefinitamente del nutrimento ch’essa contiene. Da donna, senza rispetto la stiamo trasformando in prostituta.
La terra è un campo, ma un campo di battaglia. Anzi, è la posta in gioco, ed è tale non per amarla, proteggerla, conservarla come cosa preziosa, ma per impossessarsene e poterla distruggere. Piani regolatori e battaglie legali per ottenere licenza di devastazioni e inquinamenti; azioni di forza e guerre per impadronirsi delle risorse residue; fonti di energia e di sostentamento che la terra contiene come ragione ultima dei conflitti che divampano nel mondo: lo scontro è in atto e il futuro vedrà forze in campo sempre piú agguerrite e aggressive, in misura crescente quanto piú ridotte sono le risorse che avanzano.
La madre-terra che nutriva di sé l’umanità è diventata una preda oppure, nella migliore delle ipotesi, terra-madre. Lo scambio dei termini, nelle iniziative resistenziali che fanno capo a questo motto, non è senza significato. La madre-terra è stata nei millenni la nutrice spontanea della vita dell’umanità: gli uomini potevano combattersi e distruggersi tra loro, ararla, piagarla, trasformarla per i propri fini, secondo il profetico stasimo I dell’Antigone di Sofocle, ma non per questo essa cessava d’essere l’espressione d’un equilibrio che si autoconservava o si autoricomponeva dopo che fosse stato temporaneamente alterato. In questo equilibrio si poteva cercare e trovare l’immagine di un’armonia esistenziale nella quale trovare pace al nostro disordine. Di fronte al progresso, allo sviluppo, all’innovazione promossi dalla forza inesauribile della tecnica unita al denaro, oggi la terra è vittima dell’ambiguo deinós che s’annida nell’essere umano [...]
Non è forse la parte spaventevole del deinós, quella che s’affaccia anche nelle relazioni sociali? Le relazioni tra gli esseri umani non sono forse l’altro lato del loro rapporto con l’ambiente naturale in cui essi vivono? La distruzione dell’ambiente non distrugge forse anche l’ambiente sociale? Due disfacimenti paralleli. Quando gli equilibri ambientali si alterano, è come se un formicaio impazzisse e ogni individuo cercasse la sua via di fuga calpestando chi gli viene a tiro. La natura ha un duplice aspetto: terra e umanità. Essi stanno o muoiono insieme. Gettando lo sguardo sulle bidonvilles, sulle favelas, sugli slums che circondano ciò che chiamiamo città e dove si riversano, in proporzioni crescenti, milioni di persone prive di tutto, fuorché dell’istinto della sopravvivenza, e se consideriamo i quartieri alti della società dove impera la lotta non per la sopravvivenza ma per il successo, e dove l’affermazione degli uni coincide con l’umiliazione degli altri, non scorgiamo forse all’opera la stessa legge della sopraffazione? Per ragioni diverse ma concorrenti, sembra avviata alla fine, reperto d’antiquariato, la veneranda definizione aristotelica dell’essere umano come «animale sociale» (politikòn zôon). Dopo millenni di studio, classificazioni, teorizzazioni delle società umane, oggi c’è chi dice semplicemente che la società non esiste piú. Ci sono solo piú gli individui che entrano, sí, in contatto gli uni con gli altri, ma che non stabiliscono, propriamente, rapporti tra di loro. Sono contatti passeggeri che hanno come scopo l’autoaffermazione a scapito degli altri. Se il contatto non serve a questo fine, ci si passa accanto, ignorandosi."

Gustavo Zagrebelsky - Liberi servi

(Foto di Yann Arthus-Bertrand - La terra vista dal cielo, Cuore di Voh, 1990, Nuova Caledonia, Francia)

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