mercoledì 28 dicembre 2016

Il ritrovamento dell’anima

"Quando, nell’ottobre 1913, ebbi la visione dell’alluvione, mi trovavo in un periodo per me importante sul piano personale. Allora, all’età di quarant’anni, avevo ottenuto tutto ciò che mi ero augurato. Avevo raggiunto fama, potere, ricchezza, sapere e ogni felicità umana. Cessò dunque in me il desiderio di accrescere ancora quei beni, mi venne a mancare il desiderio e fui colmo d’orrore. La visione dell’alluvione mi sopraffece e percepii lo spirito del profondo, senza tuttavia comprenderlo. Esso però mi forzò facendomi provare un insopportabile, intimo struggimento, e io dissi:
«Anima mia, dove sei? Mi senti? Io parlo, ti chiamo... Ci sei? Sono tornato, sono di nuovo qui. Ho scosso dai miei calzari la polvere di ogni paese e sono venuto da te, sono a te vicino; dopo lunghi anni di lunghe peregrinazioni sono ritornato da te. Vuoi che ti racconti tutto ciò che ho visto, vissuto, assorbito in me? Oppure non vuoi sentire nulla di tutto il rumore della vita e del mondo? Ma una cosa devi sapere: una cosa ho imparato, ossia che questa vita va vissuta.
Questa vita è la via, la via a lungo cercata verso ciò che è inconoscibile e che noi chiamiamo divino. Non c’è altra via. Ogni altra strada è sbagliata. Ho trovato la via giusta, mi ha condotto a te, anima mia. Ritorno temprato e purificato. Mi conosci ancora? Quanto a lungo è durata la separazione! Tutto è così mutato. E come ti ho trovata? Com’è stato bizzarro il mio viaggio! Che parole dovrei usare per descrivere per quali tortuosi sentieri una buona stella mi ha guidato fino a te? Dammi la mano, anima mia quasi dimenticata. Che immensa gioia rivederti, o anima per tanto tempo disconosciuta! La vita mi ha riportato a te. Diciamo grazie alla vita perché ho vissuto, per tutte le ore serene e per quelle tristi, per ogni gioia e ogni dolore. Anima mia, il mio viaggio deve proseguire insieme a te. Con te voglio andare ed elevarmi alla mia solitudine».
Questo mi costrinse a dire lo spirito del profondo e al tempo stesso a viverlo contro la mia stessa volontà, perché non me l’aspettavo. In quel periodo ero ancora totalmente prigioniero dello spirito di questo tempo e nutrivo altri pensieri riguardo all’anima umana. Pensavo e parlavo molto dell’anima, conoscevo tante parole dotte in proposito, l’avevo giudicata e resa oggetto della scienza. Credevo che la mia anima potesse essere l’oggetto del mio giudizio e del mio sapere; il mio giudizio e il mio sapere sono invece proprio loro gli oggetti della mia anima. Perciò lo spirito del profondo mi costrinse a parlare all’anima mia, a rivolgermi a lei come a una creatura vivente, dotata di esistenza propria. Dovevo acquistare consapevolezza di aver perduto la mia anima.

lunedì 19 dicembre 2016

Itaca


Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
nè nell’irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l’anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d’estate siano tanti
quando nei porti - finalmente e con che gioia -
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d’ogni sorta; più profumi inebrianti che puoi,
va in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca -
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull’isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos’altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.

Konstantinos Kavafis - Settantacinque poesie

(In foto: Giorgio De Chirico - Il ritorno di Ulisse, 1973 - Musée d’Art moderne de la Ville de Paris)



giovedì 8 dicembre 2016

Sulla lettura

"Della lettura si percepisce in genere questo: che tende a farsi sempre più veloce e strumentale, come se tenesse con noi un rapporto estrinseco e di mero utilizzo. Perfino i libri, che di per sé chiedono un attimo di pausa, un momento di riflessione e di dedizione, resistono nella forma del manuale. Strumento indispensabile per le necessità della vita, la lettura si allea immediatamente con un'antica e comoda rassicurazione: il mondo è già in ordine, ed è sufficiente una guida turistica. A dispetto di questa evidenza quotidiana che la relega nel regno della strumentalità, nell'esperienza della lettura si trova anche qualcosa di più profondo. La lettura non si lascia infatti esaurire in un rapporto estrinseco e strumentale, perché con l'umano intrattiene piuttosto un rapporto «ontologico»: la lettura è una «modalità del nostro essere» che, ben lungi dal farsi complice con la fine di ogni interrogativo, sospende proprio, e mette perfino in discussione, ciò che è così come è. L'esperienza della lettura solleva in alto, allontana da sé e dal proprio essere centrati su se stessi, fa incontrare dell'altro. La lettura rapisce. Anche se questo vale soprattutto per la grande letteratura, è già sufficiente per dire che nell'esperienza autentica della lettura succede un inspiegabile distrarsi da sé, che è poi l'apparizione di altri pensieri e di altre voci rispetto alle proprie. La lettura chiama fuori, distrae. La lettura fa dimenticare, ma questa dimenticanza non è un perdere qualcosa: è, casomai, un ritrovare che inaugura l'ingresso del mondo degli altri nel mio mondo. La lettura sconvolge dalle fondamenta la presunzione di un mondo unico."

Franco Riva - Saggio introduttivo a "Etica e infinito. Dialoghi con Philippe Nemo" di Emmanuel Lévinas


(In foto: Edward Hopper - Compartment C, Car 293 (Scompartimento C, Carrozza 293), 1938, Olio su tela, 50,8X45,7cm - Collection IBM Corporation - Armonk, New York, USA)