sabato 19 novembre 2016

Andrej Tarkovskij: poeta del sogno

"[...] la logica dei collegamenti si fonda su una semplificazione della complessità esistenziale. Tuttavia il materiale cinematografico può essere collegato anche in un’altra maniera, nella quale l’elemento principale è costituito dal disvelamento della logica del pensiero di una persona. In tal caso sarà appunto quest’ultima a dettare l’ordine di successione degli avvenimenti, il montaggio che fa di essi un tutto unico. La nascita e lo sviluppo del pensiero sono soggetti a speciali leggi e la loro espressione talvolta esige forme che si differenziano dalle costruzioni logico-speculative. A mio modo di vedere la logica poetica è più vicina alle leggi di sviluppo del pensiero e, di conseguenza, alla vita stessa, della logica della drammaturgia tradizionale. E invece sono i metodi del dramma tradizionale che vengono considerati gli unici modelli e che per molti anni hanno determinato la forma di espressione del conflitto drammatico.
La forma poetica dei collegamenti eleva la tensione emotiva e rende più attivo lo spettatore. Egli diviene compartecipe del processo di scoperta della vita, senza appoggiarsi alle deduzioni bell’e pronte fornite dal soggetto e alle inflessibili indicazioni del regista. Egli ha a sua disposizione soltanto ciò che gli permette di penetrare fino al significato riposto dei fenomeni rappresentati. Non è indispensabile far entrare a forza la complessità del pensiero e della visione poetica del mondo dentro i confini di una troppo palese evidenza. La logica delle consequenzialità rettilinee, usuali, assomiglia in maniera sospetta alla dimostrazione di un problema geometrico. Per l’arte un metodo simile è incomparabilmente più povero delle possibilità che vengono aperte dai collegamenti associativi che fondono valutazioni della sensibilità e dell'intelletto. Ed è un errore che il cinema ritorni così di rado a tali possibilità. Questa strada è la più fruttuosa. In essa è racchiusa la forza interiore che permette di far ‘esplodere’ il materiale da cui è costituita l’immagine. Quando di un argomento non si dice tutto, resta la possibilità di immaginare il resto. Altrimenti la conclusione finale viene offerta allo spettatore bell’e pronta, senza alcuno sforzo di pensiero. Tale conclusione, a cui lo spettatore, è giunto senza sforzo, non gli è necessaria. Può essa, infatti, dire qualcosa allo spettatore che non ha condiviso con l’autore le sofferenze e le gioie della nascita dell’immagine? V’è poi un altro vantaggio in questo genere di approccio creativo. Il metodo secondo il quale l’artista costringe lo spettatore a ricostruire l’intero attraverso le parti e ad arrivare col pensiero aldilà di quanto viene detto esplicitamente, è il solo che mette lo spettatore su uno stesso piano con l’artista nel processo di percezione del film. Anche dal punto di vista del mutuo rispetto tale reciprocità è degna della consuetudine artistica. Quanto alla poesia, io non la percepisco come un genere. La poesia è una sensazione del mondo, è un tipo speciale di rapporto con la realtà. In tal caso la poesia diventa una filosofia che guida l’uomo durante tutta la sua vita.[...]
Pensate a Mandel’stàm, pensate a Pasternàk, a Chaplin, a Dovzenko, a Mizoguchi, e comprenderete quale enorme forza emozionale sia riposta nelle immagini sollevate alla massima altezza al disopra della terra o, più esattamente, aleggianti al disopra di essa, nelle quali l’artista si erge davanti a noi non soltanto come indagatore della vita, bensì anche come creatore di elevati valori spirituali e di quella particolare bellezza che è in potere soltanto della poesia. Tale artista sa scorgere le caratteristiche dell’organizzazione poetica dell’esistenza. Egli è in grado di oltrepassare i limiti della logica rettilinea per esprimere la particolare natura dei sottili legami e dei fenomeni profondi della vita, la sua profonda complessità e verità. Altrimenti la vita appare schematicamente convenzionale, monotona, persino quando è espressa con delle pretese di verosimiglianza. Infatti l'illusione di una vitalità esteriore non testimonia ancora che l’autore abbia intrapreso l’indagine degli strati profondi della vita. Sono dell’opinione, inoltre, che senza un legame organico tra le impressioni soggettive dell’autore e la rappresentazione oggettiva della realtà, non solo sia impossibile raggiungere l’autenticità e la verità interiore, ma sia impossibile persino ottenere la verosimiglianza esteriore. Si può recitare una scena con precisione documentaristica, abbigliare i personaggi in maniera naturalisticamente esatta, ottenere una somiglianza esteriore con la vita autentica e, ciononostante, il film che ne verrà fuori risulterà assai lontano dalla realtà, cioè letteralmente assai lontano da essa, e sembrerà del tutto convenzionale, nonostante che l’autore si fosse proposto di sfuggire la proprio convenzionalità. È strano che venga ritenuto convenzionale proprio quell’aspetto dell’arte che costituisce una caratteristica indiscutibile della nostra abituale, quotidiana percezione della realtà. Ciò si spiega col fatto che la vita è organizzata in modo assai più poetico di quanto talora la raffigurino i partigiani del naturalismo assoluto. Infatti, ad esempio, molte cose vengono conservate nei nostri pensieri e nel nostro cuore in forma di allusione indefinita. E il fatto che in taluni solidi film ‘realistici’ tale approccio non solo è assente, ma viene sostituito con una descrizione dai contorni netti e precisi dà luogo invece che all’autenticità, per esprimersi in maniera delicata, all’artificiosità."

Andrej Arsen'evic Tarkovskij - Scolpire il tempo


(In foto: immagine tratta dal film "Lo specchio" di Andrej A. Tarkovskij)

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